In coerenza  all’impostazione critica che governava il mio precedente saggio su Giuseppe “Pipin” Ferrari, pubblicato in occasione dell’antologica dedicatagli nel centenario della nascita, nella presente disamina ho intenzionalmente adottato un rigoroso criterio di lettura critica di alcune opere atto non a presentare per intero, come in precedenza, la considerevole produzione pittorica e grafica dell’artista, quanto a focalizzare l’attenzione sulla sua poliedrica creatività al fine di assicurarne la corretta collocazione in ambito storico artistico non solo locale. Si tratta dunque con questa mostra, allestita presso il Casinò di Sanremo, di inserire la figura dell’artista Ferrari entro un’operazione di divulgazione culturale e insieme di informazione su un pittore, acquarellista, grafico d’illustrazione e scenografo, che aveva nel secolo scorso raggiunto vasta notorietà in Liguria assicurandone così la giusta collocazione nel complesso e variegato repertorio dell’arte italiana, comprendendolo al contempo nelle sue plurime articolazioni. Una cernita accurata di opere atte a rispecchiare il metro esclusivo del suo gusto e della sua cultura.
Giuseppe “Pipin” Ferrari ha nelle sue opere l’impronta di una personalità impareggiabile: pittore figurativo di alta sensibilità soffusa di poesia, è uno dei maggiori artisti sanremesi del secolo breve. È artista che ha sofferto il tormento della ricerca e la gioia della creazione, dedicando all’arte tutta la sua vita inseguendo con onestà d’intenti l’aspirazione ad essere un artista autentico. Studioso dei valori tecnici della pittura, che intride di istanze etiche e civili, Ferrari sente l’ansia di tradurre in pennellate il suo pensiero comunicando l’emotività della sua prorompente ispirazione con il cromatismo più vario e i soggetti iconografici più diversi (Meta raggiunta; Scorcio di luce; Dalla Ciapela). Sono quadri di perfetta leggibilità, di tradizione figurativa che recano un’impronta nettamente personale di felice impostazione cromatica e di rigore disegnativo nella realizzazione di figure e di paesaggi di particolare validità artistica (Il lavoro di casa; San Siro; Vicolo Balilla). Di fatto cura il disegno nel ritratto, nella prospettiva e nel paesaggio.
Nelle vedute cittadine dell’amata terra natia lo attraggono gli scorci storici popolati di scene folkloristiche o di costume religioso come a voler fermare quel processo ineluttabile del mondo moderno che tende a cancellare queste espressioni di vita (Festa della barca a Baiardo; Processione del Corpus Domini con San Germano).
Quello che maggiormente impressiona nella pittura di Ferrari è l’intensità dei suoi impasti coloristici. La tavolozza abbonda di colori possenti che però sulla tela, sul cartoncino od ancora sulla masonite, si mostrano essenziali al racconto del pittore soprattutto nelle composizioni dei paesaggi eseguiti con timbro forte e vigoroso dimostrativo di una grande esperienza (Bosco; L’asino; Giardino di casa a San Romolo; Bosco di San Romolo).
Ferrari è anche valente interprete dell’acquerello col quale raffigura spazi architettonici ed elementi di natura mediante una tecnica esecutoria personalissima: traccia sul cartoncino Bristol lucido il disegno a pennarello per poi utilizzare l’acquerello in modo corposo ed indi velare il tutto sotto l’acqua e stendere ad asciugare (Vicolo della Pigna; Ponte della  Ciapela).
Una narrativa pittorica inconfondibile che attinge dal tradizionale ma che riesce ad esprimersi in un linguaggio moderno per toni e valori cromatici resi con pennellate pastose, sciolte e fermamente decise (San Costanzo; Chiesa Russa; Madonna della Costa).
Come pittore fece una serie di ritratti di straordinaria efficacia tra cui ricordo certamente fra i più acuti Signora di Bussana del 1944 e quello alla sorella Bianca Maria del 1926. Nei ritratti caricaturali svela invece una vena grafica incisiva, fatta di tratti veloci e di rapidi schizzi coi quali il Ferrari vignettista cattura il carattere o le abitudini dell’effigiato (Padre Giovanni Semeria; Vincenzo Pasquali). Disegni e caricature pubblicate sulle pagine del Gazzettino della Riviera dei Fiori, da lui fondato insieme all’amico Antonio Rubino, di cui straordinario esempio per spirito sagace e disincantato è l’autocaricatura dell’artista, da cui lo scorso anno è stata tratta la silhouette per il monumento celebrativo collocato a pubblico godimento nei giardini di Corso Mombello a Sanremo al fine di dare concretezza materica alla figura di un artista poliedrico ed eclettico che è stato anche valente giornalista, storico e critico.
Pertanto una mostra che, in un’epoca come la nostra fortemente digitalizzata dove impera la ricerca della soluzione facile,  dello straniamento, dell’eccesso e dell’invenzione, intende porre l’accento, attraverso il legame col proprio territorio di appartenenza, alla riscoperta di quella “bella pittura” che da sempre è espressione del portato storico culturale che contraddistingue il nostro Paese per trasmetterne lo spirito e i valori.